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‘Filosofe’, un libro politico e militante. Un testo di filosofia ma non solo.

 

Autrice di questo libro è Francesca Romana Recchia Luciani, docente ordinaria di Storia della Filosofia contemporanea all’Università di Bari, da sempre impegnata con studi e iniziative sulle tematiche di genere.

Articolo di Lucia Gangale

Domenica, 27/04/2025 – “Filosofe. Dieci donne che hanno ripensato il mondo” di Francesca Romana Recchia Luciani, edito da Ponte alle Grazie, la cui prima edizione è andata rapidamente esaurita nel giro di poche settimane, tanto da richiedere una immediata ristampa, è un libro, direi, necessario.
Indispensabile, in un momento storico come il nostro, nel quale la filosofia non è assolutamente scomparsa, ma nel quale, anzi, vi è una vera e propria “domanda” di filosofia da parte della società civile.
Nuovo, perché traccia un excursus denso e brillante tra le menti di dieci pensatrici che hanno rivoluzionato il canone della filosofia, fino al Novecento appannaggio degli uomini e della società patriarcale che per secoli ha negato voce e visibilità all’altra metà del cielo.
Si tratta di intellettuali per lo più trascurate nei manuali scolastici, a parte due o tre casi, le quali, con le loro originali visioni, hanno scardinato le astrazioni di tanta filosofia classica: Lou Salomé, María Zambrano, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir, Simone Weil, Ágnes Heller, Carla Lonzi, Audre Lorde, Silvia Federici, Judith Butler.
Hanno il grande merito di avere indagato con acume dentro il fluire della vita e delle cose del mondo, rivalutando il cuore, le emozioni, il corpo, la poesia. Donne dalle esistenze complesse, alle prese con scelte di vita radicali e dolorose, donne geniali che davvero “hanno ripensato il mondo”, offrendo all’umanità prospettive importanti e originali.
A tutte queste pensatrici di altissima levatura, questo libro rende finalmente giustizia.
L’Autrice traccia per ognuna di esse un profilo storico, biografico, filosofico. Lo fa con maestria, offrendo al lettore una lettura piacevolissima, scorrevole e assai documentata, adatta ad un vasto pubblico e non solo agli addetti ai lavori.
Il volume è già stato presentato in alcune città italiane ed il prossimo 19 maggio sarà al Salone del Libro di Torino, dove la docente incontrerà un numeroso gruppo di studenti, ai quali la lettura offre innumerevoli spunti per domande e riflessioni.
Intanto, abbiamo chiesto alla professoressa Recchia Luciani qualche informazioni in più su questo suo lavoro e su molto altro.
Di seguito l’intervista.

Nell’Introduzione al suo libro, lei ha richiamato l’attenzione sulla dimensione corporea, oltre che teorica delle dieci filosofe di cui tratta. Mi ha in particolare colpita quando scrive: “La loro è una discesa verticale dal mondo iperuranico delle idee, per andarsi a confrontare e a scontrare, tanto nel vivere quotidiano quanto nel pensiero, con la durezza, lo spessore, la densità dell’esperienza nel suo darsi effettivo, e solo dinanzi a essa sollevare la medesima domanda di senso che da sempre sollecita la riflessione filosofica e la vita contemplativa”. Si fa subito evidente la dicotomia tra “l’astrazione” della riflessione maschile e l’immergersi profondamente nella “vita” da parte delle donne, tacitate da secoli di sottomissione patriarcale e di violenza del logos. Vorrei che ci parlasse di questo aspetto, di questo sguardo nuovo portato sulla filosofia e sul mondo da parte delle donne filosofe.
Ci sono tre fili rossi nel mio libro che legano le riflessioni delle dieci pensatrici che ho scelto, e che ritengo caratterizzino il loro filosofare differenziandolo da quello costruito intorno al culto fallologocentrico.
Il primo è legato all’ineludibilità di pensare con un corpo sessuato, questione che il canone maschile della tradizione del logos occidentale non ha mai preso in considerazione, ma che invece è cruciale per la riflessione messa in campo dalle donne che si connota sempre come pensiero incarnato, in-corporato.
Il secondo chiama in causa il nesso ineludibile tra pensiero ed esistenza: non a caso do grande rilevanza alle biografie e parlo di “vite filosofiche”. Nel libro sottolineo questo legame che, per ciascuna di esse, implica un coinvolgimento totale, senza soluzione di continuità, tra la produzione di teoria e lo stile di vita, tra le idee e il vissuto.
Il terzo poi sta nell’assoluta originalità di un approccio sempre materialistico al presente. Il tempo che si vive merita, ai loro occhi, non un’approssimazione astratta, logica, asettica, ma al contrario un’esperienza piena e concreta delle cose e dei viventi, rendendo la loro filosofia sensibile alla società e alla politica. Questo è il loro marchio di fabbrica che le differenzia profondamente dalla tradizione del razionalismo logico.

C’è un rinnovato interesse verso la filosofia, a vari livelli. Cosa che è dimostrata da numerosi sodalizi filosofici, riviste filosofiche nuove nel mercato editoriale e anche dalla seconda ristampa del suo libro. (“Vincendo la tirannia del silenzio, si trasforma la filosofia!”). Dietro c’è sicuramente un’attenta opera di promozione e divulgazione di questo suo libro, ma, a mio parere, stanno aiutando molto i Gender Studies, ormai molto diffusi a livello nazionale. A proposito di questi, cosa si sta muovendo nelle Università del Sud Italia ed in particolare nel suo Ateneo?
L’Università degli Studi di Bari Aldo Moro si è fatta promotrice già da tre anni del primo Dottorato d’Interesse Nazionale in Gender Studies (16 atenei nazionali, 70 docenti italiane e straniere, 78 borse di ricerca già attive), di cui sono la coordinatrice, con il quale forma persone altamente qualificate nel campo degli studi di genere, attraverso gli studi femministi, i Queer Studies, gli studi sulla maschilità, sulla disabilità, sul razzismo. Il Dottorato è stato inaugurato da una lectio della più importante studiosa del mondo nell’ambito dei Gender Studies, Judith Butler che, nell’occasione, ha ricevuto il titolo Honoris Causa da UniBA.
Questo Dottorato, tuttavia, ha una storia: io stessa, nel 2012, ho impiantato un insegnamento di Filosofie contemporanee e saperi di genere nel Corso di laurea triennale in Filosofia (il primo dell’Università di Bari e d’Italia) e, per nove anni, ho organizzato con un comitato scientifico afferente al Centro Interdipartimentale di Studi sulle Culture di genere di UniBA il Festival delle Donne e dei Saperi di Genere che, tra i suoi circa 350 ospiti, ha visto personalità come Jean-Luc Nancy ed Emily Apter. Questo impegno costante e durevole ha consentito al nostro ateneo di ottenere il primo posto fra le università italiane per le attività in merito al genere in terza missione, permettendo a Uniba di raggiungere il primo posto in Italia e dodicesima nel mondo nella Times Higher Education Impact Rankings 2022, oltre al premio che io stessa ho ritirato a Bruxelles il 14 marzo 2025 come Pioneer in Gender Equality tra le Università del Mediterraneo nell’ambito del contest promosso dalle associazioni MEDNIGHT/EWORA. Ce n’è voluto, ma da vent’anni siamo un’avanguardia negli studi femministi e di genere.

Un impegno a trecentossessanta gradi…
Infatti, oltre al Festival delle Donne e dei Saperi di Genere, nella storia di Uniba ci sono anche due edizioni dello Short Master in Teorie didattiche delle differenze. Femminismi e saperi di genere e da allora un’infinità di corsi per le competenze trasversali, diretti da me e anche da molte altre colleghe UniBA, sui temi delle discriminazioni e della violenza di genere. E, dopo il Festival, che è stato assorbito nella vivacissima attività didattica e convegnistica del Dottorato, mi sono dedicata anche all’Academy di un altro Festival a tematica LGBTQIA+ che si tiene ad Ostuni da tre anni e che si chiama Sherocco, degnissimo erede del Festival delle Donne e dei Saperi di Genere, che è stato aperto dal filosofo trans Paul B. Preciado. D’altra parte, dopo J. Butler abbiamo ospitato a Bari l’antropologa femminista argentina Rita Laura Segato e la filosofa di New School (NYC) Chiara Bottici, a dimostrazione che siamo un polo d’attrazione internazionale. Per di più il DIN in Gender Studies si è dotato di una collana editoriale pubblicata da Manifesto libri che si chiama “Transfemminismi. Studi transdisciplinari e intersezionali”.

Noto un grande fermento nel campo degli studi di genere… Qual è la situazione attuale, in Italia e nel mondo, e quale è il messaggio sociale, politico e civile che proviene da questo ambito di ricerca?
Ormai gli studi femministi sono innumerevoli, si tratta di un movimento di pensiero internazionale vastissimo, da cui finalmente l’Italia non è immune. La straordinaria diffusione ed evoluzione degli studi di genere ovunque nel mondo è forse una delle ragioni per cui gli autoritarismi fascistoidi mondiali reagiscono violentemente per ripristinare l’ordine patriarcale che sentono minacciato dalle nostre teorie e prassi di liberazione.
Io credo nelle alleanze politiche e culturali tra tutte le soggettività vulnerabili, le donne insieme a tutta la variegata comunità LGBTQIA+, le persone razzizzate e quelle oppresse dal bisogno, quelle discriminate e quelle assoggettate. Su questo terreno molto ancora si deve fare, ma l’impegno intellettuale di tante persone non diminuisce, anzi i movimenti femministi intersezionali sono attivi e vivaci. Ecco perché credo che non sia separabile la militanza politica da quella intellettuale e, nel mio caso, filosofica. Il mio libro, Filosofe. Dieci donne che hanno ripensato il mondo, va esattamente in questa direzione: è un libro politico, militante, ho pensato la sua Introduzione proprio come un “manifesto”, ma vuole essere anche e pienamente un testo di filosofia che apra nuove strade epistemologiche in grado di decostruire e spiazzare stereotipie millenarie.

Ci sarà un prosieguo del suo libro? Magari per parlare di altre filosofe, come Edith Stein e Martha Nussbaum?
Lo escludo. Le “mie” dieci filosofe sono state scelte anche sulla base del contributo che hanno fornito all’elaborazione della mia riflessione personale, sono parte di una mia particolare esperienza filosofica. Francamente a me non interessa affatto né la lista nominale né allungare un elenco, non considererei un successo l’inserimento di nomi di donne nel canone maschile della filosofia, perché il mio intento è scardinare proprio quella conoscenza convenzionale e stereotipata. Non mi appassiona minimamente un approccio scolastico o manualistico, la filosofia è pensiero vivente. Per questo quello cui mira questo libro è indicare piuttosto un metodo, la possibilità concreta di una rivoluzione epistemologica che io vedo già in fieri, dato che in questo momento storico i nomi più rilevanti e influenti del pensiero del presente sono tutti nomi di donne, a cominciare dalle contemporanee che appaiono anche nel mio libro, Judith Butler e Silvia Federici. Questo libro vuole essere anche un incoraggiamento per le persone più giovani ad impegnarsi politicamente e filosoficamente nel cambiamento perché in questa fase storica di regressione violenta abbiamo bisogno di tutte le energie possibili per immaginare condizioni di uguaglianza, di pace e di rispetto di ogni individualità così come di ciascuna comunità.

27.04.2025 – Noi Donne

 

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